Gelosa del mio tormento, taccio. E lo
ascolto, come corda di vento, legare e slegare boschi. E la loro voce. I
brividi tra le foglie. Mi volto e ti sorrido. Nulla appare così
inutile, quanto la realtà. Perchè esattamente là la misura della
possibilità si sfalda e si assottiglia, insieme all'indefinito, ed alle
sue bolle di luce. La mia bocca ci schiude in una parola. Insegui le mie
labbra. E si accomuna e si riflette e si somma, mescolandosi
all'impossibilità. Io tenera erba mi piego, fino a sfiorare il suolo ed a
sentire il polso leggero ma profondo. Si cala nel mio ventre. E così
geloso della vita, in un'altrove privo di senso, e pregno di fantasie,
quasi indecenti. Spogliami. E mi ricopro e mi mostro, nuda come la luna
in questa notte senza nuvole, con poche stelle, e tanto cielo da
sfogliare. E da accarezzare.
Pochi pensieri e un vuoto che urla.
Il mio odore è il mio segreto più sincero.
Non è mancanza, ma il fruscio dell'abbandono.
Foglie che ridono.
Come una serpentina dell'ultima sabbia.
Prima di sporcare la via
con la macchia del mio sangue.
La vita che si fa asfalto.
E passi.
E mi seguo e mi ritrovo.
E ci provo.
E adesso vattene.
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