venerdì 18 marzo 2016

Il mare ovunque ed il mare dentro. Ti consente voli immensi. Varchi soglie. Spingi la mente. Un cielo liquido. Nel mare versi le tue parole, come bottiglie alla deriva. Le mie non so quali spiagge sapranno raggiungere, quali sponde toccare, quali flutti superare. Quali conchiglie baciare. Forse si limiteranno a colare a picco, come barchette tremule nella tempesta. O si limiteranno a galleggiare, annasperanno, e con fatica spaccheranno i flutti. Li fenderanno. Oppure dovranno sperare con il dorso sull’acqua, sotto una coperta fitta di stelle. Parole che sapranno resistere. Andare oltre ogni più plausibile intenzione. In una direzione nuova. Ignota. Nell’ignoto c’è un mare di possibilità. Mille e uno modi di poter essere. Diversamente noi. Piccoli Dei con il sangue nelle vene. Ed i piedi in un cielo qualsiasi. Parole che ci gonfieranno di silenzi. Quanto vorrei sapermi educare al silenzio, quello sapio e pregno, quello che non chiede, che non spiega.  E non si piega. E che sa dare la misura di una dimensione e della forza, quella vera di ognuno di noi.  Sicuramente non esatta, né perfetta. Siamo divinità imperfette.
Con una pietra al centro.
Un cuore di pietra sa sentire.
Fermo in quel suo raro pulsare.
Vero ed unico.
A volte la forza ha una tenerezza speciale in sè.
Non ho paura delle pietre.
Quella verità vorrei saperla dire.
A volte ci provo.
A volte la urlo, muta.
E nel frattempo liscio il dorso di una pietra,
su questa spiaggia, così amica, così estranea,
davanti a questo blu,
che mi ha vista immensamente felice.
Da non sapere come iniziare a raccontare la storia.
Quella di cui conosci la fine.
Ammiro di ha la certezza inscalfibile del proprio sentire.
Io non ho certezza, se non le mie pietre da lisciare.

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