mercoledì 12 agosto 2009

Soffio zucchero a velo e ricopro il mio cielo di cartone di stelle odorose. L'odore delle stelle puoi solo immaginarlo. E il confine tra la realtà, la non realtà e la finzione si strusciano. Fino a farsi sanguinare i margini. Sono bordi fatti di raso. Scivolano. Inutili i tentativi di farli combaciare. Come accuse infondate. Sono le sagome di ogni paura mai risolta. E spesso la paura di soffrire è più forte di ogni dolore. E forse l'unico timore è mostrare. E sei costretto a nascondere. Per impedire agli altri di vedere che tu soffra. Immaginandone il sorriso. Ma quella è un'altra storia. Cancellare i segni di fragilità è debolezza vera. E mi macchio di azzurro e di polvere di stelle sognate. Come se mi immergessi nella fonte della notte. La notte è la mia scatola. E mi sdraio sotto un coperchio di cartone. Con il timore della pioggia. Ammettere è il modo per archiviare. E spogliarsi dell'inutile senso astratto delle cose. Vittima di me stessa. Lento il mio amplesso con la crudeltà. Fino alla sevizia di ogni gioia. Ho imparato a lisciare i brividi sulla mia pelle. E a cullarmi da sola. Ogni volta che avrei voluto piangere e non potevo.Ogni volta che avrei voluto essere abbracciata e rassicurata. Adesso sono così nuda da non avere più pelle. E intreccio brividi con le vene.
Una stella cadente ha graffiato il mio cinismo.
Indesiderata.
Ha cosparso il mio cielo di luce vera.
E nella sua coda ho avuto timore a riporre.
Qualsiasi cosa.
Ho preferito donarla.
Vi dono la mia stella cadente inaspettata.
Sono sicura che saprete farne buon uso.
Io non riesco.

1 commento:

  1. grazie, proprio quello che mi serviva, non preoccuparti, ne faro' buon uso...

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