Dividi il sole con me, amica mia?
Dammi la mano. Ancora una volta. Spicchi di luce si incastrano con
ombre latenti. Inesatte ma seducenti. Nell'intrigo che ci sbatte l'anima
e la raggruma, fino a lasciarci credere che il dolore può devastarci e
prendere il posto della vita. Più denso del respiro. Fiori di carne e
macchie rosse e dense, come le mie parole addosso alle tue, a lisciarsi
l'anima. Dammela la mano. E' vero, tu non la hai mai lasciata. Come se
fossimo fiori dalle corolle invisibili, a caccia di notti ventose e
fameliche. E le tue dita si mescolano alle mie, senza ritegno; sono fili
d'erba odorosa, divisi dalle albe che si sono addossate, e ci hanno
viste unite, a dimenticare le lacrime ed a raccontarci storie. Tante. E a
riconoscerci dall'odore, quello del ventre che ha posseduto l'anima.
C'è una dignità diversa che mi colpisce. Una strana sostanza che è molto
vicina alla verità, e spesso la ricopre e spesso ne resta scoperta,
come uno strano ed irregolare lembo. Ed è come se il sole rendesse tutto
meno visibile e troppa luce diluisse i dettagli. Mi piace osservare la
vita come una luna di carne, immersa in un buio precario che non chiede.
Ed appena conta. Pulsa come il battito tra le linee del polso e si
dirama in linee del destino nel palmo di una mano. Giusto quello che
basta. Mordilo, una volta solo, con me, questo sole. Almeno un pezzetto.
Fino a sfondarla la volta celeste ed a piazzarci tutte le lune sorelle
che ci pare. Perchè si è donne e silenziosamente avvolte tutte da sogni
inconfessati. Ecco vorrei un cielo sgualcito dove le cose hanno il loro
nome. E non importa conoscerlo. No, non ci importa. Splendete con me,
lune di carni sconosciute? Più che si può. E del resto non ci importa.
Si chiama rispetto, e forse solidarietà. E solo chi vive certe
sensazioni può arrivarci a quello strappo. Dopo del quale si rinasce.
Sì. Brillate.
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