martedì 22 marzo 2016

A volte mi sembra di sentire chi tu sia. Come se fosse una intuizione, o un fazzoletto, estratto dalla tasca del destino, o forse del caso, che a volte è lo stesso. Altre no. Perché la luce è una strana ed immaginifica forma di comunicazione. E sento gli altri. Anche ad occhi chiusi. La loro energia si impatta con la mia mente. Ne percepisco la forma, inesatta ma sincera. E quando succede tutto questo mi inebria. Sangue che si rincorre. Come se la mia anima fosse sotto i polpastrelli. E tra le vene, e le mie dita maldestre, incaute, ma sommamente curiose, ed a volte furiose, perché prese da una strana avidità di vita e di verità, riuscissero a raccogliere la mappa dell’anima, come se potessero e riuscissero, una volta almeno ad essere coppa, coppa dei sensi. Di quella indefinibile propagazione della nostra essenza. Perché a volte l’anima è sulle labbra, tra le ciglia, sul tuo gomito, tra le dita, nei tuoi umori, nei fremiti deliziosi del tuo sesso. Lungo il collo. Capita che l’anima si sfrangi e si dipani tra i sensi, macchiandoli di emozioni, più o meno candide, e righi la carne. Qualcuno lo chiama piacere. Ma ha un significato molto più semplice.  O capita che la carne impregni l’anima, si espanda intorno, dentro. Non so come funzioni precisamente. E allora senti con i polsi, con il fiato, sulla lingua. Fino a toccarti profondamente mentre precipiti nella deriva di un tuo orgasmo, come da una rupe ignota che si imbatte in altro spazio immemore ed sconosciuto. E ti attraversi tutta, frantumandoti. Per ritrovarti poi su una nuova riva. In una silenzio sazio, ma solo per un istante. Perché poi hai fame ancora. Ed è turgida e candida fame di vita. Ma vivere non è come respirare. Vivere può essere una preghiera.
Siamo albe voraci.
In attesa della notte.
E di un nuovo respiro.
E mentre senti gli altri, noti ignoti, pensi a chi tu sia.
Io mi sento spesso una nuvola. A volte una foglia. Altre un filo in precario equilibrio, che si tende e si sottende, più teso di un arco, come il desiderio solo sa. Ed altre ancora un frammento ignoto, incapace di incastrarsi nel posto giusto. Quasi a caccia di identità. Indegnamente astratta. Nella frazione di istante in cui si può essere tutto o nulla. O solo una sfumatura di colore. Quelli che sento. E che infilzano al destino la mia essenza. Sporca o candida. Sincera o bugiarda. Crudele o dolcissima. Ignorante, perché ignoro e poi non so, o so male. A volte l’arancio si sfalda nel calore della terra e si dilata. Come nell’attesa di saper accogliere. A volte il mio indaco si mescola al più inverecondo e sfacciato rosso e si placa per rovesciarsi nella sabbia. A caccia di un calore che sappia essere una culla o una capanna. Altre l’azzurro precipita nel mio tormento, e lo squarcia e lo diffonde, e respiro blu, scuro, sozzo, oppressivo, quello che non so spiegare, e che oscilla nel mare calmo e nero della sera. E là non esisto. E non so condividere. Forse non lo so fare mai. E quei colori sono solo la voce di una donna che non sa urlare. E si striscia contro la vita e striscia la sua vita a caccia del senso esatto e, più impuramente casto e veritiero, del suo sangue.
E non sa mentire.
Tranne che a se stessa.

2 commenti:

  1. Quanto cielo ieri sopra di me,di stelle e di luna oscillanti quasi. Facciamo il punto. Ma il punto non c'è. E il cielo è un lenzuolo lacero, strappato come quando hai solo caldo e vorresti attraversare la notte, a pelle nuda trafitto da quelle stelle. E siamo piccoli, spersi, lontani tutto da tutto. E il sangue non smette di scorrere. E tutti spiegano e giustificano. E le urla non sono silenziose, ma schiacciate, sotterrate, mozzate. E questo attesta, l'inutilità del nostro tetto sicuro. Un rettangolo di cielo asettico, pulito e silenzioso. Di quelli che si rispettano,quasi. E mi sento bestia tra le bestie.

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  2. Quanto cielo ieri sopra di me,di stelle e di luna oscillanti quasi. Facciamo il punto. Ma il punto non c'è. E il cielo è un lenzuolo lacero, strappato come quando hai solo caldo e vorresti attraversare la notte, a pelle nuda trafitto da quelle stelle. E siamo piccoli, spersi, lontani tutto da tutto. E il sangue non smette di scorrere. E tutti spiegano e giustificano. E le urla non sono silenziose, ma schiacciate, sotterrate, mozzate. E questo attesta, l'inutilità del nostro tetto sicuro. Un rettangolo di cielo asettico, pulito e silenzioso. Di quelli che si rispettano,quasi. E mi sento bestia tra le bestie.

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