mercoledì 10 febbraio 2010

Mi ero persa e mi ero ritrovata. Da parentesi di carne. Estranea. In un equilibrio obliquo. Mollemente adagiata. Concava. Foce di assenza. Fiume arrogante di donna. Onda. Pudore. Fianchi. Pioggia. Foglia. Mano. Dita. Anello. Cerchio. Donna. E il mondo era lontano. Così tanto che stelle taglienti mi pulsavano nella pancia. Graffiti di lontanza. Immensamente crudeli. La lontananza è una luce implosa. Posseduta dall'ombra. Dita che rovistano tra le parole per scegliere quelle giuste. E non sempre quelle vicino al cuore lo sono. Oltre. Con la illusione umida che nulla potesse toccarmi. La pelle è la coperta della mia anima. E il mondo sarebbe tornato. Piano. Prima o poi. Nei polpastrelli. Donna. Fuoco. Papavero. Seme. Frutto. Morso. Terra. Albero. Mentre la protezione e le sue spire mi rubavano l'anima. Fili di anima come coriandoli. E scrivere era coprirmi di parole. Per non dire. Ne sarebbe bastata una. Una sola parola. E me la nascondevo. Tra una vena e l'altra. Poi incominciò a piovere. La danza del cielo. Aghi che ricucivano gli strappi. E gli echi si ribellarono. Raccolsero la loro coda. Come comete scalze. E come debuttanti al loro primo ballo la arrotolarono sul braccio. Fino al gomito. Ricordai. Ammiccavano. Perchè non stavo ignorando. Solo spingendo a fondo.
Albero. Rami. Cielo. Nuvole. Profumo. Capelli. Radici. Fili. Rete. Immenso mare.
Ancora mare.
Il cielo dei pesci.
E non mi sono ritrovata.
Perchè a volte ritrovarsi vuol dire rinnegare.
E non so farlo.
Provare a volte è solo l'ombra della voglia di provare.
Una fame bastarda.

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