martedì 2 febbraio 2010

Senza posto. Ed ogni posto è quello giusto. Nella battaglia tra aria e carne. In quel minuscolo spazio dove si infilano i pensieri. Hanno bisogno di poco spazio. Per poter respirare. E lasciarsi pulsare i polsi. O implorare che siano legati. Fino a non poterne più. E vestirsi da idee. Il vestito della nudità più pura. Il cielo è il mio cappello. E i miei capelli grondano ignoto. Annusali. A volte hanno l'odore di mela. Altri di zolfo. Hanno raccolto conchiglie. Come reti di pescatori. Sono annegati in buche. Spingendo tutto alla deriva. Come zavorre. E io ho mangiato terra. Attraversando il divenire. Come se fosse un gioco. Graffiata la mente. Ha sanguinato delirio. E la terra dentro. Dentro la carne. Tra le vene. Fino a quello che crediamo sia l'anima. E ci parla da dentro. Attraverso il corpo. L'ho accarezzata. E schiaffeggiata. Ho scritto la mia storia. Con le mani. Fino ad immergere i polsi dentro il fango. Come se le dita fossero fiori e tuberi. E scavassero verità nella terra. E la terra era fuori. Ma anche dentro. E la rugiada il suo sangue. Ma il mare dell'inconsistenza ti spinge in buche sempre più profonde. Adesso cammino composta. E passo di lato dai pendii. Attenta a non subirne il richiamo ammiccante. Sirene e fragole. Ed osservo le parole. Osservo le parole che penso. E mi incanto sul suono che penso possano avere. Le distillo da ogni plausibile senso. E' la solitudine il fosso in cui scivoliamo. Scappare serve solo a cospargerci la pelle di graffiti incomprensibili. Quelli che hanno una voce vorace. Capace di distruggere ogni ricordo. Basta restare immobili. E ascoltare. Poi passa. Tutto passa. Ma tu non muoverti. E poi passa.
Affonda dentro la mia carne.
E prendi tutto.
Anche quello che non c'è.
Sono il banchetto del nulla.
Mordimi.
Perchè quello che voglio è un segno.
Tra la terra che mi pulsa contro.
E succhia ogni traccia di rugiada.
L'orgasmo impuro tra cielo e fango.
E forse pensiero segreto.
E' vero.
Scanso ogni buca.
Forse è una ferita del mondo.
E ho paura di scivolare nella sua pancia.
E osservo tutto da lontano.

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