martedì 2 febbraio 2010
Nebbia di lana. E respiro ad occhi chiusi. E forse l'aria è luce per le mie paure. Conto. E i numeri mi fanno compagnia. Senza una regola. Non chiedono. E riempiono. Come popcorn. Scivolati. E depositati sotto il divano. Dimenticati. Perchè il film è finito. The end. Mi ha sempre fatto sorridere. Perchè il meglio era nei titoli di coda. Quelli che nessuno guarda mai. E i popcorn reclamano la loro dignità di compagni di viaggio. Quel posto che ci fa sentire pieni di senso. O assolutamente soli. Estranei nella terra di mezzo. Nebbia di lana. Sottile. Mi stria il viso. E attraversarla è restare immobile. Con il fiato in prestito. I giorni si addossano ai giorni. In un equilibrio che si lascia precari. Siamo onde interrotte. Mai arrivate a riva. Affondate ed ingoiate. Forse per la curiosità del fondo. Forse per la paura di toccare la sabbia. In quell'istante in cui non si è nè terra nè mare. E neanche un miscuglio. Assolutamente puri nell'inesistenza. C'è il sole. E lo raccolgo a mani aperte. E lo cogpargo sulle labbra. Non ne ricordo più l'odore. Nebbia di lana. Non riscalda. Ma ruba. E il più povero è sempre il ladro. I fatti sono incastri di vita. Urti che segnano. E tolgono. Ma quanto male fa la paura di essere toccati. Più di ogni urto. Perchè fa più rumore una carezza che uno schiaffo. Rimbomba.
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