martedì 19 ottobre 2010

Non è facile trasferire il proprio mondo fuori. Come se vivere sia donare. Gestanti di sensazioni erranti. Moods. Occasioni del cuore. Spigolo fragile. Scivola e si sdraia come un prato. In attesa. Tremolante come la fiamma di una candela. Incastri dell'anima. Si incuneano nel mondo. Nelle cose. Le dipingono. E ti ritrovi, quasi per caso, in un'aurora assordante. Bella da imbarazzare. Senza limiti. Perchè il limite è nei propri occhi. E tu non stai guardando. Solo sentendo. Senza conoscere il punto esatto in cui il sole inizia a baciarle il cielo. E ad allontanare la notte. Lo fa da sempre.
Ma oggi quell'istante è tuo.
Inconsapevole è il nostro continuo essere teatri di albe e tramonti.
Piccole case del sole.
Tele avide di nuovi colori.
Dentro di noi ci sono infiniti mondi.
Mille soli e mille lune.
Esplodono e splendono in una inconsapevolezza che si chiama respiro.
E' strano pur essendo normale.
Ed in realtà era normale anche ieri.
Ma non lo sapevi.
Ed è bellissimo.
Senza un motivo.
Non hai sentito nè l'ago nè il filo.
Nè il lembi della ferita che si avvicinavano.
Divenivano ancora carne.
Quasi la stessa.
Nella distesa della voglia di gioia.
E quel piccolo fiume scorre sotto.
Sotto due mani che si intrecciano.
E le mie braccia sono vicine vicine.
Per non perdere neanche un istante di questo lieve tepore.
E adesso chiudi gli occhi e ascolta il mare.
Piccolo dio invisibile.

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