lunedì 27 giugno 2016

Piovono rose…

Non sono goccioline, sono rose. No, nessuna lacrima, ho occhi asciutti e sinceri, in questo cielo grigio e pregno, come la solitudine. Quella è la condizione che ci avvicina più pericolosamente ai nostri sogni. Napoli, punto e a capo. Una città che è un punto e poi un altro e poi una virgola, ed intarsi i giorni strani che io vivo. E poi un respiro.  Prima di precipitare ancora nelle emozioni. E nella presenza più o meno profonda di me stessa. Noi, in genere, siamo i posti che viviamo. Ma a volte quei posti diventano un poco di noi. Io non ho mai la misura di quello che è il bene ed il male, ed esagero, faccio incetta di pensieri. E spesso sono di carne. E mi limito a vivere, a respirare, a respirarmi più a fondo che si può. Anche quando non dovrei. Anche dove non dovrei. Io sento. Non è bellissima questa parola? Sentire. La lasci scivolare sotto la lingua. E neanche deglutisci. Non subito, almeno. Finché ti brucia sotto il palato.  Finché ti perdi nella apnea. Anche quando sai che fa male, a te ed agli altri. Anche quando in fondo al tunnel di quel respiro non c’è nulla, o nulla di buono. O semplicemente un candido niente. E le parole sono nuvolette. E per un istante senti la mente tra quelle nuvole.
Proprio quelle che sento da qualche tempo.
Io lo dico sempre che sono una nuvola sbagliata, con tanto sangue, troppo, tanto da dover piovere rosso. O solo limitarmi a piangere quando serve. Ma non serve. E stringo i denti. A volte sorrido, con tutto l’egoismo di cui sono fatta. Per quello poi sento il bisogno, all’improvviso, come in un vicolo, dentro e madido di vita, di questa città, di chiedere scusa, di posare il mio bacio, come il più sincero dei perdoni e di svoltare l’angolo. Tra le urla della gente. Santi e peccatori. Pietre e aria pregnata di salsedine. Sì. Mi dispiace, perché una nuvola sa solo sporcare il cielo e non trovo la forza per soffiare, soffiarla lontano. Lontanissimo, oltre i miei sogni. In fondo una donna sincera è affascinante come una mutanda a vita alta. E corro il rischio, poi mi spoglierò e sarò ancora nuda davanti a me stessa.  Meglio il mistero, come un guanto che fascia la mano. Quali carezze potrebbe nascondere? Quanti baci su quelle dita? Il senso dell’indefinito ricopre tutto di una luce intrigante e le cose sembrano allungarsi, dilatarsi come ombre. Oggi sono come questi tacchi sulle pietrine di Napoli che lastricano la strada, in precario equilibrio. E a volte oscillare ti spaventa, mentre altre ti fa sentire così viva, inaspettatamente donna. Sono così diversa da non sapere neanche cosa effettivamente sia cambiato. So solo che si impara in fretta dalla vita, anche quando ti sembra troppo tardi.
Piovono rose, con tutte le loro spine, ma è bello…bello assai….anzi di più.

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