lunedì 27 giugno 2016

STARE SPENTA…OGGI VOGLIO STARE SPENTA….

Ci sono giorni fatti di assenza, più di altri. Di vuoti che ti soffiano da dentro e ti riempiono la mente di bolle di sapone. Leggere e colorate. Mi invadono di tutta la leggerezza che vorresti. E tu desideri raccontarle, perché nei loro riflessi ci sei proprio tu, i tuoi slanci, la tua malinconia, feroce ma sincera. Te ne accorgi all’improvviso. E ti lasci inondare dalla solitudine. Come una donna marea, che lega e slega il suo cuore al mare e dimentica la riva ed ogni punto di contatto. Come se il fiato fosse una catena. Perché il mare non è un posto ma un modo di essere e di sentire.
E sarò mare in quel momento esatto, questo lo so.
Lo dice la fede immensa e profonda, come quella di una bambina che non sa smettere di sognare, eppure vorrei, quanto vorrei mordere pane e vorrei una speranza senza occhi, dove si può sentire il vento con le ciglia e con le labbra.
Il resto non lo comprendo, mi infastidisce, sembra una nenia senza fine. E quando non comprendo esercito una strana forma di crudeltà su me stessa, fino a negarmi ogni respiro. Frantumo facilmente i miei sogni, perché sono fatti di sangue, quasi sempre. Io sogno con le vene.
Quasi come un’arpa.
E respiro poco e male.  Senza sfumature di menzogna. Per quello ho smesso di osservare  ma mi limito a guardare.  Nella apparenza più placida. Mentre nessuno sa chi io sia davvero. Quante donne ci possano essere in me. Quante femmine furiosamente e selvaggiamente si sappiano avvicendare nella disarmonia dell’esistenza. Per non perdermi neanche un colore e non dimenticarne mai le loro sfumature e la loro capacità di vibrare, fuori e dentro di noi. Credo che sia quello il modo per poterli ricordare più a lungo. Di riuscire a fare della mia pelle un taccuino, pieno di fogli da riempire. Faccio il pieno di vita, da centellinare in solitudine.
Perché cerco una solitudine più grande che possa contenere anche la mia.
Senza sentirne i limiti ed i confini.
Senza urtarci contro.
Un modo semplice per essere sempre più complessa. O solo per accogliere come un dono, tutto quello che capita. Anche quando sembra dolore, difficile, duro, impietoso. Come se il segreto fosse nel far scorrere la vita, comunque. E adesso sta scorrendo. Vorrei descriverla ma non so farlo e non so se è giusto. Sarebbe come trattenerla e io non voglio.
Una conchiglia.
Un sasso.
Una stella.
Un modo per lasciare un piccolo segno di me.
Insieme alle mie parole, proprio là.
In fondo al mare.
Sto imparando ad accogliere i miei stati d’animo, come arrivano. Senza fuggire lontano da me stessa.
Perché io ho bisogno di me stessa.

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