domenica 8 marzo 2009

Non ho voglia di parole.
Ma di afferrare la luce di un cristallo.
E conservarla.
Per un istante.
Macchio i miei pensieri di sensibilità.
Sale su labbra ferite.
Saliva e tempo placano il dolore.
E il sole inaspettatamente riempie gli occhi.
E si stiracchia nell'aria ancora perplessa.
Quante notti a farmi gocciolare sulla fronte
desideri e paure.
E ad attendere quelle gocce.
Protesa in spasmi di tempo nell'attesa.
Nervi e vene.
Intrecciate al cuore.
Come se fosse l'ultima acqua stillata
dal mondo.
E poi dover morire di sete.
Confessioni tiepide e promesse sgozzate come agnelli.
E io a ripulire il sangue e le tracce.
E l'innocenza.
Inutile e blasfema.
Basta un sorriso del sole.
E dilatarlo tra le mani.
E questo si chiama ieri.
Forse solo per poco.
E oggi ha il suono di un cristallo timido.
Pregno di riflessi e di meraviglia.
Lo sento.
E quella sensibilità che vibrava tra anima e carne
fino a riempirle di crepe
è solo un segno in più.
Qui.
Ancora sulla mia pelle.
E' la pelle che raccoglie tutto.
Nulla va perso.
Nulla è sciupato.
Anche il dolore.
L'importante è che la delusione non diventi veleno.
E ci sporchi di disincanto.
Quel riflesso ancora brilla.
E lo trattengo.
E mi piace.

Nessun commento:

Posta un commento