E sono inconsistente. Non segno. Non resto. Mi aggrappo alla memoria. Mi struscio come una gatta. Ma poi mi arrendo. Adesso. In questo punto esatto. Mi casso. E prendo atto. Non è servito a nulla. Infilare le dita nel cuore e nella mente. Erano dita di vento. E frugavano nel vuoto. In un vuoto pieno. Senza spazio per loro. Neanche per la più misera mollica di dolcezza. Ogni mia traccia è scivolata via. Forse non vi è mai stata. Ma era tutta verità. Erano battiti. Un vento vero che palpitava e nel ricordo si contrae. Ma non serve. E resto attorcigliata ad un alone impregnato di indegnità. La femmina si annusa. E ripulisce la sua scia. La riavvolge. Come se fosse un cordone ombellicale mai reciso. Ma era solo una pretesa. La più stupida. Dove ho perso la dignità? In quale preciso frammento? Ho insistito a incollare cocchi di un vaso frantumato. A riporvi i miei fiori. Nessun taglio mi ha fermato. Ostinata.Era indifferenza. E io la coloravo. La riempivo di baci. Ma non serviva. Io non segnavo. Incastrata a quel punto. Tra le crepe di quel vaso. Legate dalla mia saliva. E da un fiume di parole. E menzogne. La benda del sogno. Mi spingeva le iridi in una nube. E comprendevo. Ma non ero la musa. Ero l'occasione. E le tempie segnate. Con gli occhi dentro. Ho visto il mondo solo da dentro di me. Ed era davvero tutto sbagliato. Un mondo sbagliato. Senza verità. Macchiato dai miei sogni.
A volte ci vuole solo il coraggio di tirarsi gli occhi da dentro.
E così che si vede.
E ci si libera del passato.
E adesso non so.
Se questa sia vergogna o tristezza.
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