giovedì 16 aprile 2009

Non ricordo mai i nomi. Raccolgo la forma delle cose. La assecondo. Vorrei conoscerne la consistenza. Ma non i loro nomi. Quelli li confondo. Sono lettere spente. Non so menzionarle. Non trattengo le loro orme. Forse descriverle. Ma solo per poco. Dimentico. E nell'oblìo mi rotolo. Veli di assenza mi avvolgono. Fino a togliermi il respiro. Vivere è rubare aria e istanti. Come se fosse una pretesa. Ed infilarli nel sacco della vita. Come se ieri fosse così tanto presente. Mentre è solo polvere. Scivolata dentro. E a volte petali. E cipria. Fine e odorosa. Sommariamente e sommessamente appunto la idea di cose e fatti nella testa. Li intuisco. Non approfondisco. E' come se la mia anima abbia pareti avide. Assetate. Muri ladri. Pronti ad impregnarsi. E a ricoprirsi di striature. Strati su strati. Siamo tutti gli strati sbavanti e gocciolanti su quei muri.
E mi inzuppai per caso del senso di te.
Prima che mi colassi a picco dentro.
Attenta a non affogare.
E mi nuotavo contro.
Astratta e perplessa.
E di questo non trovo traccia.
Nè dell'inizio.
Nè della fine.
Archivio sensazioni. Come in una scatola. Senza trattenere nulla che non sia evanescente. Sottile. Impalpabile. Striscio il mondo. Struscio la mia vita con le mani aperte. E per un istante il quadro è nitido. Perfetto. Si riversa sul mio palmo e lo riempie. Poi il futuro diventa assente. Evapora. E mi accorgo che il tappeto del tempo si è srotolato. E ha stravolto tutto.
Ho paura a guardarmi dentro.
Lo so cosa ci troverei.
In alcuni momenti è più difficile
non esserci
che esserci.
Sono una mela intrappolata nella sua buccia.

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