Come se per un albero potesse essere facile ricrearsi le foglie. Io le ritaglio e le incollo ai miei rami. E poi sono pensieri. E soffiarci dentro e contro non le riempirà di sangue. Attendono la luce. E tremano nel loro divenire pallidi domani. Qualcuno li chiama futuro. Altri addio.
Ogni volta mi ritrovo incastrata nel mio errore fatto di amore.
Anche adesso sta tremando sui polsi.
Mi lascio schizzare la pelle di brividi.
Fino a dimenticare il mio cuore.
"La bella lavanderina che lava i fazzoletti...".
E a volte l'attesa diventava lurido poi.
Basta chiudere gli occhi.
La pretesa macchiava i vetri della mia stanza. Fuori il mare sbranava la sabbia d'inverno e rubava terra agli agricoltori. L'odore del mare era aspro e selvaggio. Sembrava fatto di denti. E di proroghe inutili. E sul vapore della mia finestra scrivevo storie. E le cancellavo.
"Dai un bacio a chi vuoi tu..."
Cancellavo le mie impronte. E mi perdonavo. Di averti perdonato. E i tuoi baci sapevano di tradimento. E li stringevi al mio collo. E ti stringevi a me. Fino a rubarmi l'innocenza in un sorriso. Dimenticavo. Credevo. E questo significava solo che avrei conservato quella sensazione umida e appiccicosa. Donna a metà. Il resto è volato via. Mi piace pensare che sia diventata stella.
Ancora adesso se vedo vetri umidi
mi tremi dentro.
E devo spalancare le finestre.
Forse è da allora che ho imparato a non vergognarmi dell'amore.
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