lunedì 9 novembre 2009

Ripulisco i bordi. Le sbavature degli sforzi. Guizzi di muscoli che si credono gesta. E al loro interno i lacci della identità. La mente che si contorce nel cuore. Come onde invisibili. Il cuore che pizzica la carne. La carne che si sporge nella mente. E la fa sussultare con i suoi tuffi. Tutto che si proclama tutto. E reclama la sua razione. Non riavvolgo. Ed isolo. Insofferenza cruda. Dopo strati e strati di sensibilità accumulata e stropicciata. Aghi su un prato senza semi. Su cui hanno ballato formiche solerti e silenziose. Ho steso il velo della insofferenza. Una indifferenza rossa e densa. Porta ad accovacciarsi a caccia di calore vero. Dall'odore buono. E a farsi ventre di una madre bimba. Nella chiocciola di una lumaca. Spogliarsi della insana bontà. E dello scarso coraggio. Amarsi è scegliere di non amare. E separera il frutto dalla buccia. Sigillare le vene. Cucirsi le parole al petto. Come ciondoli. Le cose possono dirsi in tanti modi. Uno solo è quello giusto. Quello che centra le parole come al tirassegno. E monetina dopo monetina ti ritrovi più povero ma più forte. Quelle parole che quasi mai gli altri riescono a mirare. E senti di non averne avute mai o mai abbastanza. Osservi le cose e ti stupisci perchè non ti toccano. Non arrivano alla tua carne.
Annusi l'aria.
E sai che sta per piovere.
Ma continui a camminare.
Perchè ne hai voglia.
La pioggia non può che farti bene.
In fondo piove da millenni.
E ha già bagnato vite e vite prima.
Crediamo di provare i sentimenti più puri ed intensi del mondo.
Solo perchè il nostro mondo siamo noi.
Se solo riuscissimo a prestarci i mondi.
O forse solo gli occhi.

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