domenica 23 maggio 2010

Ed ogni sensazione si è fatta foglia. Coppa di luce. Prisma di anima. Transulce. E sputa verità. Quella che secerne la mia mente. E se la stampiglia ovunque. Fino a non saper vedere. Intrecciata. Come edera che scavalca muri solitari. Mi sono sporta. E ho sentito la luce sulle labbra. Fino a spaccarmele. Come quando mi baciavi. Non riuscivi a non assaggiarmi. Ogni dubbio si è dilatato ed è divenuto mano. Prepotente ed inerme fiore di carne. Mano aperta. A dita spalancate. Sole spalmato. A rovistare. E trattenere. Tra i suoi petali. Tutta la rugiada che scappa dal mattino. In fuga dal punto in cui luce e buio si sfideranno. E poi restare in superficie. Dove è più facile accarezzare. Dentro, fa male. Nella profondità più rossa. Papaveri ondeggiano sul cuore. E polvere scivola. Non è dolore. Solo delusione. Quanto copre. E sotto li campo si muove. Nonostante tutto. Anche l'apparente immobilità che lo avvolge. Sembra sentire ma è dimenticare. Il campo ondeggia e scava aria. E se la rovescia addosso. Come una doccia nella calura. Si dimena. Ha la voce di una tempesta lieve. Perchè deve fingere. Quasi graffia la pelle. Al contrario. Genuini graffiti di sensi. Fino alle tempie. Catene liquide. Scioglimi. Ognuno pensa di sapere. Ma non sa. E si accovaccia dentro la crepa. Ma il punto è ancora lontano. E' un sole che gioca a nascondino. Sotto la pelle.
La foglia non trema più.
Spezzata dal ramo.
E' nel vento.
Nell'immobilità del non sentire.
Forse comprendere.
Mai capire.
Non è oblio.
Non è dignità.
E' finalmente respiro.
Quasi libertà.
Del resto non importa.
E non mi importa.
Ho voglia di fragole.
E di terra.
Ma ho smarrito il mio campicello.

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