domenica 19 luglio 2009

E non lo so quanto sia antico questo albero che mi cresce dentro. E dentro scuote. Si scuote e mi scuote. E mi percuote l'anima. Agita la sua criniera. Come un leone cieco. E quasi fa male. Nelle notti di tempesta lo senti strusciarti dentro le sue fronde. Fino a toccarti le vene. Credendole radici. E lo scambi per vento. O per battito. E con lui pulsi. Il suo battito ti esplode dentro come se fosse l'ultimo colpo. Come se vivessi la sua vita. Non è terra. Non è limo. Non è fiume. Ma è inquietudine. Fatta di acqua e terra. E limo. E fiume. E fatta di sangue. Con il calco di una impronta sconosciuta. Impressa da un passato che non ricordi. Il passato è un posto isolato dal tuo respiro. Zeppo di pensiero. Modellato dal tempo. Che poi siamo noi. Noi siamo il nostro tempo. Altre volte quell'albero volte ti vomita dentro le vene. Fino a farle fremere. Sputa carezze incompresibili. Come se volesse scriverti sulla pelle. Dal di dentro. Messaggi segreti come biglietti mai scritti ma indirizzati al cuore. O a chi ti toccherà. Nel modo giusto.
E così i messaggi restano incastrati dentro di noi.
Forse per sempre.
Incapaci di leggerli.
Destinati a non essere mai compresi.
Ne ho spezzato un ramo.
E mi ha sanguinato dentro.
Fino a lacerarmi.
E a sconquassarmi il ventre.
Io non lo so.
E non voglio saperlo.
Spesso ho provato a rivoltare la mia pelle.
Ma guardarsi da dentro fa più male che ignorarsi.
Un fiume di ignoto ti invade.
Segni fatti di una corteccia antica.
Tutti la credono morta.
Solo tu sai che hai dentro i suoi virgulti.
Ne sei oscenamente pregna.
E tutto questo ti fa paura.
Ma ti piace.
Sono la troia dell'albero che mi scava da dentro.
Mi riempie di segni.
Ma a volte placa il mio delirio con le sue carezze.
Fino a farmi addormentare.
E poi svegliarmi prima dell'alba.
Credo che questo sia amore.

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