Fontana. Acqua e schiuma. E intanto piove. E dentro è
asciutto. Come quando il vento graffia. E i bordi resistono
intatti. Come piace a me. Incastrata nel senso di indegnità. Pochi colori.
Pochi contrasti. E qualche linea. Per separare il giusto ed il meno
giusto. Per l'ingiustizia svoltare per il corridoio viola. E un
elastico si dilata. E poi si ritrae. Forse è il cuore. O solo la mia
voglia. Nell'arte di tentare di arivare in fondo. Con il timore di spezzarsi. E
tornare indietro. Una lampadina oscilla. Impertinente e sguaiata. Anche se
nessuno glielo ha consentito. Oscilla come le mie ginocchia, quando sono
impaziente. E ho la sensazione di aver perso un pezzo. E' la dignità. O forse
una sana risata. O un lembo di cuore. O un bottone. Non cambia, quando
tutto sembra poco. Ed io non so sedurre. Solo perdermi nella tela. Non
dirmelo. Sono io il ragno. E amo scomporre il mondo in
rettangoli. Il dubbio è la parte più reticente del pudore. E
spogliarsi è più facile che chiedere e guardarsi. Siamo tolleranti in
questa stanza. E le viole mi sorridono compiaciute. Non c'è senso. Solo il loro
profumo. O meglio c'è. Ed è tutto mio. E me ne frego. Del mondo e dei suoi
bordi. Dei colori trasbordanti. Della conferma che non arriva mai. Non so
oscillare. E precipito. Mentre afferro parole e carne. Prima di immergermi in
quel vuoto. Voluto e cercato. Per rinnegare. E sentirmi sbagliata. Io non mi
sento sbagliata. Lo sono. Mentre raccolgo le briciole dopo aver inumidito
l'indice. Se mi annusassi lo sapresti. Potrei farti impazzire con le mie
parole, se solo volessi. Accontentati della mia pelle. La stanza
intollerante è la seconda a destra. Anche se con moderazione ruvida, qui
tolleriamo. A volte quasi perdoniamo. Ma non contarci. In questa stanza è
finalmente tutto lento. Anche le lumachine si sentono eroiche. La
stanza dell'ansia è la terza a sinistra. Chiudi la porta, senza sbattere,
altrimenti la lampadina oscillerà ancora. E righerà di luce irregolare la mia
tana. La stanza del caos c'è. Ma non posso dire quale sia. E' un segreto.
Mio e delle mie ciglia. Loro l'hanno stanata. Mentre disegnavano il tramonto.
Poi non hanno resistito e l'hanno trasformato in notte. Quella che a volte regalo.
Il mio era nella mente. La stanza del riflesso è l'ultimo del
corridorio giallo. Tieni gli occhi aperti mentre la attraversi.
Potresti sentirti diversa da quello che sei. E un pò già lo sei. La
normalità non mi spaventa. Perchè siamo tutti normali nella nostra specialità.
L'impronta dell'anima. La parte di noi che rinneghiamo. Mentre ci ostiniamo a
rotolarci in una stranezza, figlia di riflessi bastardi e muti. Se solo potessi
raccontartela ti tufferesti in quella normalità.
Nessun commento:
Posta un commento