venerdì 17 febbraio 2017

Nel rendermi incomprensibile, ho perso la scia. Il rigo sembra troppo piccolo quando si ha voglia di parlare. Si scrive per solitudine? Per gioia? Per dolore? Si scrive per trovare uno specchio, degli occhi che ti leggano, o solo per lasciare una traccia. Come la fila di mollichine. Quello è il modo per infilzare il proprio tempo, i propri istanti e per renderli meno nostri e più condivisi.
Mi guardo mentre infilo le dita nell'acqua. A caccia di ignoto morbido. E l'acqua mi copre, senza urtare. Non è come nel vento. Il vento salvifica e leviga, il vento cancella e graffia. L'acqua invece è una carezza che circonda, abbraccia, riveste. In fondo, il mare è la coperta dell'indefinito ed imperscrutabile. Ma vestirsi di ignoto è un lusso troppo pericoloso.
Tre gocce di disillusione e due sorsi di delusione.
Stanotte dormirò vestita solo di quelli e prometto che non sentirò freddo.
Ho una goccia di futuro, rosso e sottile, che mi riscalda.

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