venerdì 8 aprile 2016

E poi...

            
...e poi placa l'inquietudine il mio mondo. La mia terra ed il suo odore. A volte è irresistibile. Vorrei saperlo descrivere. Ma mi limito a sentirlo. A volte spiegare è una violenza inenarrabile. Attraversare la notte non è mai stato così strano. E umido. La nebbia come uno scialle che fascia le mie spalle. Scivola tra i seni come una catena, a tratti ostile, a tratti lieve. Un serpente che ha smesso di ricordare il suo peccato. Come se avessi all'improvviso una pelle diversa, frutto di una muta impercettibile e una bocca nuova, che nel silenzio dice le cose più importanti, anche se a volte le avvolge nelle parole, tante asfittiche ma inutili. Ho mani strane, capaci di sentire inaspettatamente ogni vibrazione. Di parlare al tatto. E poi passa e io ritorno. Stati di assenze mi conducono sulla linea sottile delle mie inquietudine. La tenerezza è la peggiore delle perversioni; mi fa mancare il fiato. Mi riempie di piacere. Il rivolo sospeso che segna la mia casa interiore, la mia linea esoterica, lo scrigno intimo dei miei pensieri. Ci vuole coraggio a chiamarli sogni. Forse sono solo colori e non sappiamo farli uscire. Perchè nessuno vede i colori come li vedono gli altri. E perchè non tutto ha la dignità, la forza ed il soffio di un sogno.  A volte vorrei ancora quel candore sfacciato dell'innocenza, quella che sa essere dannatamente rossa e non lo sa. Una fragola ancora legata alla pianta. Vorrei tornare a guardare le cose con lo stupore, nell'istante frammisto all'incertezza, al battito, al timore, alla sorpresa. E capita. Ma poi non è mai quello giusto. La misura si scontra con il pozzo dei desideri. E sprofondo nel bisogno, e nella voglia di una me stessa nuova. Penso che le donne chiudano gli occhi, tutte in modo diverso. Da quello capisci tante cose, da come lo fanno. Secondo me un uomo può capire come una donna ama, da come muove i suoi occhi. Io non riesco mai a chiuderli completamente, per davvero. Ho sempre bisogno di uno spiraglio, di una via di fuga dal buio. Eppure mi attrae così ferocemente. Non so smettere. Non voglio spegnere mai i miei occhi, mai smettere di guardare, di sentire con le mie ciglia. Ma sento che in quel buio c'è il seme fecondo della vera me stessa. La quadratura del cerchio.L'attimo prima della fuga.
E intanto mi volto.
E mi rivolto.
Ed il nucleo di me stesso come una impronta.
Una traccia nella terra che geme.
Non voglio il mondo degli altri.
Dei miei genitori.
Degli artisti che ho amato.
Delle pagine che ho letto.
Del bene che ho provato.
Voglio andare oltre.
Oltre ogni logica fino alle sensazioni.
Voglio attraversare un mondo tutto mio.
Come se la solitudine fosse la porta dei sogni più puri.
Quelli più vicini alla propria identità.
La bellezza è sempre così semplice.
E io mi sento sempre un gran casino.
Un pasticcio di donna.

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