giovedì 16 febbraio 2017

Era uno dei finali possibili e mi ci infilai, mentre ancora tremavo. Ed il mondo aveva la forma incerta dei miei brividi. Così una parola e poi una altra, e ancora una. Quasi una serpentina irregolare. E avevo ancora freddo. Così tanto da restare immobile, per trattenere il fiato più a lungo. Come quando ho visto per la prima volta quella sedia, in quella stanza. Quelli di un'altra vita. Una vita speciale. - Ma sono tutte speciali, le vite -. Anche quando non sembra. Sono gli esseri umani ad esserlo. A volte io mi nascondo nel mio respiro. Prima di sciogliermi in un pianto. Come se quello fosse il mio primo ed ultimo baluardo prima delle mie lacrime. Prima della pioggia che il cuore mio tanto rifugge ma che lava, diluisce ed allontana. E la mia dignità alla deriva, come un lago nero. Solo che ho imparato che si può piangere con poche persone, devono essere proprio preziose, per scambiarci una cosa così maledettamente sincera. Poi ci si sente, così tanto nudi. Come ti ho urlato, scaraventandogli la mia ostile fragilità contro.
Infila le mie dita nelle mie, e neanche lo sai.
Sono radici, senza futuro, né frutto.
Ed io sto tremando ancora.
Tutto è così evidente, oltre quella coltre.
Oggi uno squarcio.
E la memoria del dolore è riemersa.

2 commenti:

  1. I brutti ricordi vanno con le nuvole grigie, presto passeranno.
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    Maurizio

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  2. è roba del passato...io sto bene....che bello rileggerti...

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