giovedì 17 dicembre 2009

E mi avvolgo nella tua idea. Sei il mio bosco. E ti respiro. E' quello che voglio. Il tuo profumo e il tuo rumore. Vicini. Alle mie spalle. E nelle orecchie. Mi piego nel tuo desiderio. E ti dono il mio desiderarti. Avvolgimi. E legami. Tu puoi. Scorrermi e percorrermi. E rigare di luce il mio buio. Io sono questo. Ombra affamata della luce. E non comprendo il limite. Quando il giorno si fa notte. E il giorno notte. Quale è il confine tra te e il desiderio di te. Perchè nei sogni ci sei. E sei mio. L'unica carne che vorrei essere. E poi riapro gli occhi e sei solo aria. Dolcissima aria. Nella mia mente. La nostra casa. Dove possiamo esserci immensamente dentro. Potessi descrivere quello che provo ora. Un nodo dentro.
Devo scrivere. E lo faccio. Per dimenticare ed accantonare. Il senso di errore. Di impudicizia. Vorrei violentare il tuo pudore. Scrivere è tuffarsi in un lago di oblio. Dalla realtà. Il tuo silenzio vibra di mille respiri. Vibra di sangue e di passione. Ne mordo un pezzetto. Lo trattengo tra le labbra. Così sei un pò mio. E io tua. Con pezzettini del tuo silenzio tra le labbra. Questo è l'ombra dell'appartanersi. Annegato nei sensi. Perchè se ti penso, dalle labbra mi coli a picco. Dentro. Come un antico galeone. La verità brucia ancora. E continuerà. E' uno spessore di ghiaccio. Incandescente. Nessun palliativo. Solo angoli di desiderio. Puro. E a volte impuro. Mi stai navigando ancora dentro. Sono il tuo mare.
Sembrava ieri ma era domani.
Tu dove eri?
Mi dormi sopra e non mi ascolti.
Dove si è perso il senso e la misura tra me e te?
Ti sussurro il mio bisogno ogni e ogni notte.
Lo soffio tra i tuoi occhi chiusi.
E le mie mani affondano nel tuo sonno.
Senza coraggio.
E forse senza viltà.
Ai margini. Nascoste dietro una tenda. Le mani si intrecciavano. Come spighe nel vento disperato. Strofinanandosi l'assenza contro. Fino a non sentirla. Sentivano solo la dimensione di mano. E le dita che si aprivano come fiori al mattino. Coppe di rugiada. A scavarsi d'ardore. Pudico. Le mani si osservavano. E osservavano il mondo. Sfiorandolo. In una rete di sogni. Leggera e morbida. E a dirlo già si fendeva. La trama cedeva al peso degli sguardi. Si sussurrava d'amore. Nel silenzio si sublimava la sua voglia. Mai vissuto. Fino in fondo. Libere di guardarsi tra le ciglia della notte. Le mani si dormivano addosso. Ed era semplice. Ma bellissimo. Da non volerlo lasciare finire mai.
Ho scavato in una terra dimenticata. E vi ho ritrovato pezzi del mio pudore perduto. Sminuzzato. Conservo pezzi di me. Per impedirmi di tornare a essere meno che quella. Un giro inutile. E si proclama l'ultimo. Mentre l'incanto e la meravigliosa stanno scorrendo altrove. E respirano forte. Da sembrare urla.

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