giovedì 17 dicembre 2009

Le cose cambiano. O meglio le cose rimangono. Perchè non si dimentica. L'oblio è un rigurgito della santa ignoranza. Di quel punto della pelle che è rimasto vergine ed incontaminato. Nessuna parola lo ha sfiorato. E' terra del tutto. Di un ignobile tutto. E poi diventare non significa cambiare. Non si tratta di un nuovo vestito per i propri giorni. Noi offriamo vestiti agli altri. E ci preserviamo e riserviamo purissima nudità. E quelle cose restano in quel punto. Preciso e carico di sè. Pregno di vita che fu. E delle sue aspettative immobili. Aborti di amore. Come un sorriso in una fotografia. E' il mondo che si è incastrato con il tempo. E un nuovo spazio prende le sue forme. E nuove cose lo riempiono. O sono le nuove cose che sono respirate dal nuovo spazio. L'amplesso tra il divenire e l'essere. Se solo fosse leggerezza. Forse lo è. In un mondo senza sbarre alle finestre.
E se noi cambiamo, il prima resta là.
Senza di noi.
Senza cassetto.
Noi siamo il cassetto della consapevolezza.
Senza maniglie.
Nessuno può aprirlo.
Si vede solo dall'interno.
Ho sognato che arrivassi là dentro.
Al centro di me.
Dove io non sono mai stata.
Ma era solo brezza leggera.
E il resto vaga. Si dondola. A zonzo. Nel prato dell'indifferenza. Un prato di fiori ammalati. Senza stelo. Corolle di sfacciata bellezza. Ladre di odori. E colori.
So solo secernere pensieri contorti.
E la mia luna ha sgozzato il cielo.
Dopo essersi donata.
Lo ha amato.
Disperata ed efferata.
E poi lo ha teneramente ucciso.
Non so più usare le parole giuste.
Le mie mani scavano in quel prato.
Non per cercare un seme.
Ma per donare uno stelo a quelle corolle pazze.
Vorrei saper scivolare tra le parole.
Accarezzarle.
E curarle.
Lasciarle vagare nella tenerezza.
La morbida nuvola della dolcezza.
Ma non ci riesco.
E le mie mani ancora scavano.

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