giovedì 17 dicembre 2009

Fu quella prima sensazione. Un imprinting. Una forma lieve ma compatta. Tra le ossa. Tra il respiro e le costole. Fino a farle scricchiolare. Una scia sulla carne. Un solco invisibile su cui sarebbe scorso tutto il resto. Su cui si sarebbero accumulati rivoli di stupore e di battiti e di attesa. E la scia sarebbe divenuta fiume in piena e scampoli di delirio. Una sensazione capace di mordere l'istante. E poi schizzare addosso la eco di mille morsi. Al cuore. O alla sua sagoma beffarda. La pompa del divenire amore.
E diventare catena invisibile.
Una luce che scompare.
E tenti di afferrarla.
La fuga ti graffia le dita.
E poi la mente.
E stai ancora scappando.
Punto e a capo.
La luce della sera spinge l'ombra contro il soffitto.
La sbatte come il desiderio.
Mi sono sempre guardata dal di dentro.
Infinite volte.
Ci ho provato da fuori.
Una sola volta.
E ho visto.
Petali strappati.
Senza sangue.
Un fiore appassito che disperato urla.
La voce rubata alla terra.
Alle sue viscere.
Annego nel vuoto.
E mi perdo.
Senza radici.
Perchè la terra ama
attraverso le sue radici.
Immensamente.

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