domenica 13 dicembre 2009

Raccoglimi e sgranami come chicchi di un melograno maturo ed irriverente. Rosso come un tramonto imbarazzato. Esplode sotto i denti. Zeppo della voglia di macchiare il mondo. E di scorrere su labbra avide. Pezzo per pezzo. Delinea il mio contorno. Fino a togliermi ogni forma. E rendermi foglia liscia. Coppa di rugiada in fuga dalla notte verso il giorno. Oggi ho ritrovato le mie mani. E sto scavando dentro la terra. E mi ubriaco del suo odore. A caccia di un seme puro. E affondo le mani. Fino a sentirmi le dita radici. Sono le radici di un futuro. Ruvido e sincero. Non chiedo frutti. Li ho già. Stanno pulsando nelle vene. Pregna del domani che mi sento dentro. E sorrido al mondo. Come se prima non sapessi farlo. Ho tinto le mie labbra di vermiglio. E tra i denti ho ancora il sangue del mondo. Ripeto il mio nome. E non è mai lo stesso. Ogni volta è nuovo. Quello che sembra. Ma è assolutamente uguale. Basteresse ascoltarne la voce. Sta scandendo la sua appartenza ad un corpo. E il corpo è perplesso. Risponde solo al suo battito. E a null'altro. La pentola e il suo rumore. Un gioco da donna. Frantumano il silenzio e riempiono la stanza di presenze antiche. E rivestono di energia e di movimenti semplici. Un gioco del tempo. Perchè la semplicità è l'atteggiarsi del respiro del mondo. Fluido scorrere senza artifici. Ed è così difficile da fermare. Sfugge. E le contorsioni quasi la soffocano.
Come se fosse tutto inutile.
Mentre è tutto assolutamente essenziale.
Raccoglimi e dammi un nuovo nome.
E' un gioco bellissimo.

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