martedì 25 agosto 2015

Strano come infilarsi in un sacchetto di raso e lasciarsi scivolare


E piovono rose, solo perché non so smettere di contemplare il cielo, dopo averlo capovolto. Un cielo ribaltato, e noi con lui, con il cuore sempre al centro, maledettamente equidistante, da qualsiasi periferia sappiamo concepire. La poesia del sangue che scorre e non si ferma ha una crudeltà ed una sua illogica bellezza, selvaggia e violenta, che pare celebrare dentro di noi infinite piccole albe. E sì, piovo rose, perché è così che la vita prosegue, immaginandocela nel modo più dolce e lieve possibile, ancorata a quel filo che sa di speranza, imbrattato dall’amarezza che ci è stata schizzata maldestramente dall’incalzare dei giorni, dal loro inseguirsi, dalla paura di vivere, e spezzata dal gancio verso il futuro, che a volte si annoda intorno ai polsi e quasi  li stritola. Un promemoria. Passi incerti e speranza, oltre ogni coltre, ogni nebbia, bucata dalla voglia di futuro, che ci colora il mondo, anche quando chiudiamo gli occhi, e restiamo ad occhi chiusi.

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