martedì 25 agosto 2015

Piovvero rose

              
E poi non più. Ed io vorrei spiegarvela, e spegnerla gradualmente, questa inquietudine, come una macchia nera sul cuore, pece che imbratta e che nel sangue non trova pace. Una fila di formiche verso la stessa briciola che non sazia. E la memoria è una tavola deserta. E nel battito e nel respiro l'intreccio dell'aria sui fianchi.
Forse un tempo...ed in prestito da me stessa. Sara dove sei?


"Oggi mi andrebbe di dire un sacco di cose bislacche. Variegate al pistacchio. Senza scandirle. Ma inpilandole le une sulle altre. Ma non come quelle che già dico. Un pò diverse. Strane e in un modo diverso. E senza logica. Perchè in quelle che in genere dico una logica c'è. Ed è tutta mia. Ma non riesco a spiegarla. Ho sempre voglia di dire tutto. Come se, una volta svuotata e ritrovandomi assolutamente vuota, oltre il limite, essere riempita ancora, come un'otre umida, sia più facile. E riesca, comunque, a dare la misura della giusta misura e del suo divenire. Perchè la giusta misura è un crescendo. Come una marea. E queste cose vorrei dirle tutte di seguito. Senza sentimento. Con la serietà del ripensamento. O del troppo ed assortito pensare. In un serpentone deragliato. E avvolgerle tutte nelle foglie,  tutte le cose sconclusionate. Con delica accortezza. E lasciargli fondere addosso minuscoli tocchetti di burro. Così alla rinfusa. Poi infornarle. E sentirmi la regina del mulinobiancoverdechenonc'è. Con il cuore che batte perchè è arrivato il momento dello sbarco clandestino. E dell'atterraggio di qualche spicchio di sana astinenza. La follia è la ripetizione costante ma irregolare delle stesse azioni. Ed il delirio è l'attesa e l'aspettativa di un risultato diverso. Come se in quel restare sospesi ci fosse un miracolo in nuce. La potenza del delirio fosse capace di slargare le maglie del divenire e soffiare l'infuso magico di una perfezione che non ci serve. Perchè siamo meravigliosamente imperfetti. Basta sapercelo dire. E perdonando l'imperfezione altrui ci solleviamo in volo come piccole divinità. O aspiranti saltinbanco. Un piccolo volo destinato a finire...".
Il tempo non si arresta.
Si asseconda.
Ho provato a declinare il cuore.
Ma sbaglio sempre.
Sembra assolutamente poco declinabile.
E' là, dentro la notte, ci siamo sfiorati.
Come nella placenta calda di una gestante indecisa.
Dove la nudità non era freddo ma sopravvivenza.
Ti ho detto "Inseguimi. Quando saremo fuori di qua. Corri a perdifiato. Dietro quell'angolo ci sono sette estati, un ramo fiorito e tre ciliege".
Ed è così che sono nata poi con la voglia di essere cercata.
Stupita.
Inseguita.
Sorpresa.
Come un piccolo virgulto di solitudine e di delusione

E adesso sparami. Sparami dentro la bocca. E uccidi il mio vestito d'argento. Sparaci dentro l'amore e l'odio. Voglio la poesia del tuo fiato. Il poema del tuo desiderio. Come una serie intermittente. Capace di fulminarsi come estremo atto di eroismo. E sentirmi le sue scosse, lenti e ravvicinate, nei polsi. Non preoccuparti non voglio abbracciarti. Ma solo sporcarmi della tua saliva. Il tuo fiume. Il gancio verso l'inferno delle mie viscere. Dove annego. E dove torno come una donna pesce. E là sei rimasto incastrato. Mentre io ti gattonavo davanti pudica come una lupa che si dirige al suo pasto. Una lupa sazia e crudele. Con brandelli di parole nelle fauci.
So essere peggio di quanto tu possa credere.
So essere l'incrocio tra un angelo caldo ed un demone gelido.
E tu lo devi sapere.
E devi sapere che so essere un animale.
E lo sono.
Ma solo quando voglio.
E adesso vattene se ci riesci.
Non sono il tuo peccato.
Io sono il mio.
Un peccato verticale.
Come la bava di una stella.

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