martedì 25 agosto 2015

Cattiva ma a volte anche
Non era l'odore della pioggia ma della terra che la attendeva e la accoglieva. Quasi la stordiva. Sentiva la strada ed i suoi solchi, e li immagginava suoi. E così si voltò. Fuori un'alba screziata di grigio, di quelle indolenti, che macchiano la coscienza. E si ritrovò, sospesa tra carne e anima, esattamente nel suo pensiero peggiore, senza una forma definita, perchè l'intrigo è sfuggire proprio quella forma. E quasi provò un brivido di piacere, di quelli che non lasciano presagire niente di buono, come se in quella innocente, più o meno innocente, evasione, ci fosse un frammento smarrito della sua vera identità. Quella che rivelava a pochi e che lasciava appena intravedere, come quando la maglia si scosta, non so se volontariamente, e come una goccia che cola dal mento segna la carne, lieve e fugace, così mostra un angolo di intimità che non è solo pelle, ma molto di più. Forse una scintilla degli occhi potrebbe esserne il sigillo. La pioggia le portava l'odore dell'Africa, della culla del mondo, e sentiva una malìa dentro che la induceva a ribaltare la sua nudità e complicarla. Di più, sempre di più. Piano, come il piacere deve essere, quando viene secreto dalla mente, che stenta ad infiltrarsi nelle viscere, e piano, si ricercò, ritardando il suo ritrovarsi, e precipitandosi ancora più lentamente, si schiuse impetuosa, come quell'alba grigia e densa.  Così nel suo piacere, si trattenne e si sentì, senza capire, lasciando che la carne registrasse quella emozione che forse avrebbe restituito all'anima, sotto forma di sospiro o di sogno, più tardi ed altrove. 
Sì, così ti sogno.
E quando oso lo faccio spostandomi in un'altra donna che mi presta l'indecenza.
La stessa che non oso indossare.
Almeno quanto vorrei.
E adesso se vuoi, continua a dormire.
Io non smetto di respirarti.

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