venerdì 8 gennaio 2010

Guardo. E a volte scivola caldo un fiume dalla testa. E detesto. Detesto le contorsioni. E gli eccessi. Detesto i salti nella mente. Perchè io so solo restare immobile. So solo distendere le ciglia nell'aria. E attraversarla. In un lentissimo saliscendi. Tagliente come un cristallo che si finge neve. Guardo e non so più vedere i disegni del polline di una primavera e del suo mantello. Il cavaliere galoppa nel mio cielo di latta. Ma posso solo sentirne il rumore. E gli zoccoli martellano sulle mie scapole. E si fanno chiamare brividi. E' tutto esagerato. Ha superato gli argini. E la piena travolge ogni margine di una pagina fitta. Fino a baciare voracemente tutto l'inchiostro possibile. Un inchiostro impudente che si finge sangue. E per dispetto confonde le parole. Guardo e non saprò mai come si conclude la storia. Ma forse non saprò l'inizio. Quando le nuvole presero ad amarsi e a rotolarsi e a scopare senza ritegno il cielo. Un inizio blasfemo. Ma è solo un gioco. E l'inchiostro si è impossessato della mia pelle. E mi cosparge addosso una storia assolutamente riprovevole. La fine è nella mia iride. Ed è per questo che ho serrato gli occhi. Per farla scivolare meglio dentro.
In alcuni istanti penso a quello che penseresti tu e mi sento assolutamente oscena.
E mi piace.

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