venerdì 8 gennaio 2010

Non trovo più le mani del mare. Non sento le sue dita sulle gote. Capaci di levigarsi e levigarci il più blasfemo degli stupori. Quello che non ha colpa. Ma che urla al mondo. Senza paura. Non riesco a sentire il suo battito selvaggio dentro. Incastrato al mio respiro. Audace come un dardo che sbaglia la traiettoria. Quelle schegge di onde furiose che a volte mi hanno allagato il cranio. E mi hanno strisciato nella mente. Capaci di farmi fremere la schiena. Di disegnarci la follia. Goccia per goccia. Una follia lenta. Iregolare e lenta. Percorsi mozzati. E poi risucchi mordibi come abbracci. Tanto da non farti sentire la separazione. E la distanza. E mentre si allontanano ti hanno strappano un pezzetto. E non lo sai. E la sabbia è la muta testimone. E muta urla. C'è una follia che ha una magia sottile come un filo di ferro. Dentro. Un'anima in movimento. Un tronco quasi invisibile. E la senti tua. E hai imparato a non vergognartene. Anche quando te la sputano addosso. E tu la stringi forte. Come non hai mai stretto niente altro. E non è la tua pelle. E'la pelle dell'ignoto. Anche se ha freddo non lo ammette. E se le respiri contro ti accorgi che era solo neve. Ma sembrava una magia. E' forse lo era.
La magia non ha bisogno di carne.
Ma solo di una casa.
E spesso quella casa si chiama mente.
Mentre a volte non ha nome.
O ha un nome impronunciabile.
Leggilo dalle mie labbra.
Lo sto sussurrando.
E come ogni sussurro ara più di un aratro.

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