venerdì 8 gennaio 2010

Scivola. Goccia per goccia. La mia memoria liquida. Ricami su un qualsiasi parabrezza. Di una macchina sconosciuta. E la tua voce lontana. Come se fosse alito. Senza una storia vera. Il ricordo deforma la verità. Angolazioni. Tra la vergogna di angoli muti. Frammenti sparsi di un collage incompleto. Ma è una storia che conosco. Perchè non ne sono protagonista. E anche se so quando è finita non ne ricordo l'inizio. Quando la corolla si è dilatata. Pregna e affamata. Angolazioni anomale di un collage crudele di frammenti sparsi. La vita è una lezione lenta. Tolsi un velo alla sguardo e ti precipitai nelle pupille. Fatte di terra. E mi feci arco. Impudico arco. La ripetizione infinita di movimenti. Disuguali nella loro serie. Di un infinito. Imperfetto. La storia la osservo. Ma è sempre una sporca menzogna. E me la racconto. E la lascio precipitare dalla mia schiena come la innocenza. La oscena manipolazione della mente. La vittoria della carne sulla mente. E resto ripiegata in ventagli. A sfidare l'aria. In cerca di assiderazione. Per conservare cristalli di follia. La mia epidermide è ricca di infiltrazioni. E gli altri mi colano ovunque. Mentre i miei polsi penzolano sotto il soffitto. Come stelle. Sembrano i fiori di un campo sconsacrato. Tra castità e impudica vergogna.
Ho voglia di essere impronta concava in un mondo convesso. E mi apro e mi chiudo. E non è stupore. Ma solo la voglia di condividere il vaso dell'incanto. E colarvi a picco. Più giù che si può. Perchè il fondo non esiste. E' solo il tappo del resto.
Sento l'odore dell'estate.
Nella pioggia contro il parabrezza.
Un solo sole splende in questa notte.
E non ho voglia di scappare.
Vivrò domani.
Adesso ho solo voglia di guardare.
E la mia storia è assolutamente sotto il soffitto.
E mi guarda.

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