venerdì 8 gennaio 2010

E persa e spersa tra specchi e il loro ansimare e le loro contumelie mi sono ritrovata tra le mani mille e una me. Quasi dimentica di avere pezzi sconosciuti e scomparsi li ho osservati con rinnovato stupore e sdegno. Sono nelle mie pupille. Oggi sono incastrata là. E ho cosparso queste labbra di famelica inconsistenza. Fino a sentirne fitte nella pancia. E l'ho urlata più che potevo. La mia labile volontà e i suoi intrecci d'aria. L'ho vista fare capriole. E sciogliersi nel vento. E tra la polvere. Come se un fuoco malvagio stesse mangiando le mie fantasie di carta. Il vento ha rubato ancora. Ha rubato parole al mio urlo feroce. E ciocche di capelli alla mia bambola. Non posso farle le treccine che non ho mai avuto. E farla dondolare sui tacchi che le infliggo. Il suo dolore è tra le tempie e le caviglie. Ho colorato la sua bocca di porpora. Indelebile come il sangue. Posso solo scrivere una nuova storia sulla sua pelle di plastica. E fingere che sia carne. E carne non è. Le manca il marchio di un odore. Quello che si dimentica più difficilmente. E' strano quando qualcuno ti scrive una storia sulla pelle sei l'unica che non riesce a leggerla. E non puoi conoscerla se non ti prestano gli occhi. Hai solo una voce dentro che ti racconta una storia sua. E non è mai quella giusta. Ha tante parole. E poca musica. Ma il suo odore ha una scia buonissima. Mi ricama la mente di tormento. Aghi dolcissimi. E io li imploro di non lasciarmi. Come se nel mio errore io mi faccia rinascere la voglia di cambiare. E intanto provo a dimenticarmi. E mi addormento con i piedi tra i tuoi. Ma non sempre.

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