domenica 15 febbraio 2009


E la realtà si stende sotto i miei piedi.
Come un immenso prato buio e molle.
Un tappeto che si srotola.
E io inciampo.
Mi ingoia.
E io sono dentro di lei.
Come nella pancia del mostro.
O è lei dentro di me.
Ma non lo sapevo.
Chi mangia chi?
Striscio. E scanso parole. Quasi tutte.
Alcune non hanno forma.
Sono quelle che ho sempre preferito.
Le osservo da lontano.
Non le voglio.
Sono rimastra incastrata.
In un foglio.
In un rigo ai margini di quel foglio.
E non è più bianco.

La luna continua a splendere.
Nonostante il suo alone.
Strati di aloni.
Io pensavo che lo facesse solo per me.
Ma mi sbagliavo.

"Ho l'odore dei tuoi baci.
Ovunque".
Lo ripetevi.
Non volevo.
Ma ascoltavo.
Ti supplicavo di non ripetere.
Quelle parole.
Erano parole senza forma.
Come anelli.
Erano tante lune incastrate.
Sputi di cielo.
E tu me le strusciavi addosso.
Me le spingevi dentro.
"Ti sento".
Si adagiavano.
E io donavo il mio respiro
a quelle lettere soffici.
Ma evanescenti.
Dove è l'errore
nell'averle dette?
O nell'averle conservate?
Nessuno può capire.

E' come se io adesso sia uno scrigno di aria che pulsa.
E la realtà con il suo battito animale
è
nelle mie vene.
.
Ero nuda in quella foto.
Più nuda della notte.
E di una battona sul marciapiedi.
Tu avresti dovuto vedere.
E capire.
Avresti potuto.
E lo era anche il mio cuore.
Non te ne accorgesti.
.
Adesso il mio corpo è stanco
di essere la cassa di risonanza
della mia anima.
Vittima di una incoerenza che
ha il sapore della crudeltà.
Asciutta e distratta.
Lontana.
E di terribili e maldestri
voli
dentro e fuori di

me.

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