sabato 21 febbraio 2009

Fluido di colpa

Flusso di coscienza. Non ho più scuse. Non ne cerco. Galleggio ma poi affondo. C'è una debolezza che si atteggia a forza. Schiaffeggia. Non è fragilità. Ammiro la fragilità. E' fatta di ali di cristallo. E quando la capto mi inchino. La osservo ammirata. E' fatta di ali leggiadre. Trasparenti. Si scheggiano. Si lasciano graffiare. Si riempiono di crepe. Ma la fragilità resiste. E si trasforma. Come ramo di un albero nella tempesta. Si riempirà di foglie. Ancora. La debolezza invece macchia e schizza l'aria. Inutile se la guardi davvero. Assolutamente inutile. Con i suoi cocci sparsi. Di una resa devastata e devastante. E il ramo giace per terra. Nessun frutto. La vera forza è nel silenzio che pulsa in quel tronco. E l'aggressività è la più nuda delle difese. Inutile e stolta. Rende liquida e irrespirabile l'aria e leviga ogni ruvida piega con la violenza. Quella violenza che si sedimenta dentro. Scende immediatamente. Come un sasso. E il suo impatto lacera. Ciò che difficilmente il tempo rimarginerà. Nessun ago ricucirà quegli strappi. E crea strati e stati transitori. Nessuna lacrima amalgama. E' solo un rigagnolo sterile. Non irrigherà nessun campo. Tutto resta mischiato ma distinto. E io non so da dove ripartire. Ho mentito. Mi sono vestita della mengogna più sfacciata e becera. Ho prostituito la mia lealtà. E tanti rami sono caduti ai piedi di quell'albero. Ma ho mentito per un recondito senso di onestà. E forse per un pudore che si stinge nella vergogna. E per poter custodire una parte di me. Un pezzetto che pochi possono capire. Pochi davvero vogliono. E preservarla da tutto il resto. Una scheggia impazzita di quello che sono. Quella parte è persa in qualche notte. Anch'essa persa e nascosta. Non ho donato il mio corpo. Non sapeva che farsene. Quella fetta di notte voleva la mia mente. E la mia anima. E adesso la mente è liquida come una zuppa di intuile delirio e disperazione e l'anima scomparsa. Non conosco la dolcezza. Non più. A me è negata. Non la sento più. E' già tardi. E ciò che è stato non si ripeterà. Lo sto gridando. Ma non sento la mia voce. E' scivolata via. Mi è stata strappata. Legata a corde, a lettere storte e a cinismo. Oltre le lettere c'è la verità. E a volte la menzogna.

Disegno il cielo con i miei occhi.
Disegno e cancello.
Di continuo.
Il cielo è la mia tavola.
La mia saliva il suo pianto.
Banale pioggia.
Solo quello.

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