sabato 21 febbraio 2009

In alcuni posti

Ci sono posti in cui provi un senso di intimità sacra.
Ti senti in una ampolla di vetro.
Protetta ma non esclusa.
Con il naso contro quel vetro.
E la intimità si forma e modella e si trasforma.
Forgiata dalla quotidianeità e dalla autenticità.
L'ultimo baluardo di noi stessi.
Ignoriamo a volte che quei luoghi sono
i contenitori involontari delle nostre vite
e delle nostre emozioni.
Raccoglitori sterili di goie e dolori.
Levigati giorno dopo giorno da noi e dallo snodarsi della nostra vita.
Scava e segna come un fiume.
Le cose e le persone.
E poi le cose.
Tutto inizia e finisce negli oggetti.
Continuano a parlarci degli altri.
Anche dopo.
Scatole aperte cesellate dai nostri attimi.
Il cui coperchio sembra essersi fortunatamente smarrito.
Usiamo per anni la stessa sedia o lo stesso letto.
E tutto questo diventa più nostro di quanto possiamo immaginare.
E' assurdo quanto sia più facile legarsi agli oggetti che alle persone.
E ci ostiniamo a immaginarci come fatti di aria
mentre grondiamo di terra
e la terra gronda di sangue.
Siamo alberi con le radici affondate in una quotidianeità
che ha bisogno di nutrimento e di linfa.
Difficile troppo difficile impedircelo. Come morire di sete.
Dei nostri rami non saprei. Loro si credono pezzi di cielo.
Mischiati e piegati dall'aria.
E spesso dimenticano di essere legati ad un tronco.
E' così strano ma oggi è successo. Un albero mi ha prestato i suoi occhi.
Non riesco a raccontarvi quello che vedono gli alberi.
Ma un pò l'ho sentito.
Quanto placa la natura.
E' che ci sono assenze che ti fanno davvero paura.
Sono ripiene di sogni svuotati e frantumati.
E schegge dentro di loro.
Il futuro è un luogo da trovare.

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