Mi vesto di sagoma e di delirio.
E di voce.
Ombra sottile dei pensieri.
Li scaglio nell'aria.
Schizzi di voce.
Lame e luce.
Fendono.
Ma i tagli non sono mai profondi.
E la mente li accoglie.
Feconda.
E mi svuoto.
Nella sagoma contemplo.
I contorni.
E il limite non è mai la pelle.
Ho smesso di cercare.
Perchè cercare significa accettare.
Il senso dell'impossibile.
Denti che sbattono.
Di brividi percorsi.
E non è freddo.
Labbra ferite.
Postille di un patto di sangue.
Oltre le regole.
Mi nascondo.
E osservo.
E mi lascio guardare.
E la mia pelle raccoglie ogni sguardo.
Le strappa da una trama.
E tesse.
Capta le variazioni
e le transluce in percezioni.
In veli.
E sensi e linee.
Di normalità piegate.
La mia voce scivola sotto il silenzio.
Come una busta sotto la porta ignota.
E lo avvolge.
La distanza adesso è impercettibile.
Quasi intollerabile.
Troppa aria.
Troppo spazio.
Mi spingo.
Come se le labbra si sfiorassero.
Intrecci di luce.
Si toccano.
Vene della stessa carne.
Si mischiano.
Ormai.
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