In un cesto
In un cesto di more e rovi ho deposto la mia pelle.
L'ho strappata.
Annusata.
Accarezzata. Graffiata e poi ricoperta di baci.
Lenita e poi striata ancora.
Adesso è ancora là.
In quel cesto.
Si agita e trema nel vento.
E io sono senza pelle.
Sotto la mia pelle scorrono prati di ombra.
Prima non lo sapevo.
Immensi ma placidamente mossi.
Asciugati.
Prosciugati.
Divorati dal futuro.
Cosparsi di margherite esangui.
Strisciano il suolo con i loro petali disperati.
Urtandosi le corolle incredule.
In attesa della pioggia.
Perché io non ho più sangue.
Siamo tutta la sete di sogni che proviamo.
Che siamo capaci di sentire.
E ci contorce e stritola la vita.
Ci spinge a desiderare fiumi d'acqua.
Mentre basterebbe
solo
una timida
e parca
goccia.
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