domenica 15 febbraio 2009

Immensamente assorta.
Dormo sul mio gomito. Quasi ogni notte. Protetta da me stessa. Nella battaglia contro il più livido pudore. Ovunque persa. Nascosta ai sogni ed alla stranezza. E' il mio cuscino di carne. Uno spigolo di cuore. Prona. Davanti all'altare della notte.
E nel suo incavo depongo religiosi segreti.
Li sussurro.
Morbidi.
Segreti morbidi e muti.
A volte nel cuore della notte vorrei condividerli. E gridarli in altre bocche. Le labbra contro le labbra. Alito dentro l'alito. Carne su carne. E dentro il gomito a suggere la verità. Percorre le membra e mi scivola dentro. Sotto. Dentro. In fondo a me. Nell'apnea della non conoscenza. Perché non sapere fa meno male.
Vorrei condividerli.
Quello e altro.
Tutto il condivisibile.
E li lancio contro il cielo.
Sperando che affondino nel lago della comprensione.
Dalle acque gelide.
La chiamano Catarsi.
Io la definisco Amore.

Spoglio spesso i pensieri. E restano linee e forme. Asciutte. E io mi perdo. Mi accuso e mi perdono. Scavo le linee. Come se fossero un immenso panorama da contemplare. Da svuotare. Per raccoglierne pezzi. E invece è vita. Ed intimità. Penetro quella intimità. Sacra. Inconsapevole e assorta. E poi non ho più forza. Sono stata forte oltre le mie forze. E ora sono vuota.
Tra l'inizio e la fine c'è solo vita.
In mezzo c'è sempre tutto il resto.
Anche quello che non accadrà.
L'incompiuto.
Si chiamano giorni, a volte.
A volte, sogni.
Altre, emozioni.


L'ingiustizia è che tutti ricordano solo il finale.
Dimenticano la storia.
La trama si scioglie.
Evapora.
Adesso aspetto la neve.
Cancellerà anche la fine.
Senza traccia.
E' così che voglio essere.
Così voglio stare.

Candidamente in_esistente.

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