domenica 15 febbraio 2009


Sole solo
Perché?
Chissà se ricorderò. Un buio di voce. Senza voce. Mente strattonata. Silenzio umido. Inseguo indifferenza. Imploro di mangiarmi l'anima. In ginocchio. Le gocce rimbalzano sul parabrezza. Ed è pioggia. Errabonda. Lenta. Ma continua. Una emorragia di cielo. Il fiume della solitudine si apre sul mio parabrezza. Si spalanca. Goccia dopo goccia. Goccia dentro goccia. Ho sbagliato ancora. Sbaglio sempre. Sbaglio ancora. Mentre mi rifugio in ombre perfette. Ma dimentico gli errori. E' strano. Gli errori lasciano un segno davvero lieve nella mente. E la mente si dimentica di loro. Finché il cuore non glieli rammenta. Vorrei parole semplici. Pensieri semplici. Vorrei una mente semplice. Vorrei saper riassaporare le meraviglie della semplicità. Il suo incanto. Ma non la ricordo. L'ho smarrita. E' tutto troppo. Troppo vero o troppo finto. Non so spiegare quello che provo.

Ti regalo un segreto. Confezionato e sigillato. Nastri e lucida disarmonia.
Ai margini di quella storia io osservavo. Ci infilavo le dita e le ritiravo. E una fiera tentava di azzannarle. Potevo offrirgli il cuore. Ma il resto no. E la vita e l'amore si sporgevano in specchi inversi. E si mescolavano il riflesso. Ognuno lo rubava all'altro. In una alternanza che sconfinava nell'incerto. L'indifferenza era la lama che fendeva la luce. E io guardavo. Tra fette di luce. Scorie di stelle e di polvere e paura. Raccoglievo chicchi di indifferenza. E li piantavo sperando che crescesse la pianta dell'amore. Ma era solo indifferenza. E la scambiavo con il perdono. Come con le figurine. Di un album immaginario. E ora ho le mani piene di carta. E io guardavo e mi sporgevo. Come in un quadro. Offrivo la mia mente come pura tela. Da percorrere. Ma restavo ancora ai margini. E leccavo i lembi di parole monche. Come pensieri mozzati. E finte confessioni. Fiammelle estorte ad una candela. Io mi nutrivo di fuoco. Ma morivo di fame. In una meritoria anoressia di amore. Troppo vicina o troppo lontana da quella fiamma. Spenta. Ci butterò tutta quella carta.
I miei polsi vagano.
Come occhi sconosciuti nel buio.
E la coltre di una sincerità estrema li fa strisciare.
E tessono una trama fatta di muschio selvaggio
e di salsedine.
E dell'odore del sole lontano.
I miei polsi si intrecciano alle linee della mano
e alle dita
e alla idea dei raggi di quel sole.
Raccolgo una conchiglia, due e tante.
E le restituisco al mare che bacia le mie caviglie.
E le lega.
Nella più temibile della perversione.
L'esplosione della dolcezza.
Data e negata.
Strati di dolcezza impura.
Me ne avvolgo e li sfoglio velo per velo.
Sono inutili.
Io sono la menzogna più sfacciata.
Quella che dice la verità.
E la luce ruba la mia ombra e la contorce ancora.
Sminuzzandola in istanti.
Ed è tutto già finito.
Come un battito di ciglia.
"Per sempre" è solo un attimo.
E in un attimo il mondo si ribalta.
Ora so.
.

"...Le parole sono la parte di silenzio che può essere espressa..."

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