venerdì 13 febbraio 2009

Perchè?


Chissà. Chissà se ricorderò. Un buio di voce. Mi è apparso. Un taglio. Senza voce. Sembrava che il mondo fosse senza voce. Mente strattonata. Mente vilipesa. Silenzio umido. Inseguo indifferenza. Ci affondo le mani. E imploro di mangiarmi l'anima. Sono la vittima e il carnefice. Di me. Le gocce rimbalzano sul parabrezza. Ed è pioggia. Lenta. Ma continua. Una emoragia di cielo. Il fiume della solitudine si apre sul vetro. Davanti. Goccia dopo goccia. Ho sbagliato ancora. Sbaglio sempre. Ma dimentico gli errori. E li ripeto. Sono gli stessi. Ma sembrano diversi e nuovi. E' strano. Gli errori lasciano un segno davvero lieve nella mente. E la mente si dimentica di loro. Li allontana. Illudendosi di non avere crepe. Finchè il cuore non glielo rammenta.

Ora vorrei solo parole semplici. Pensieri e parole semplici. E riassaporare le meraviglie della semplicità. Io non la ricordo. L'ho smarrita. Come si perde l'ombrello quando piove. E' tutto troppo vero. O troppo finto. E di fronte al troppo mi riavvolgo. Altro non posso. Mi ostino ad offrirti i miei occhi ma tu dentro i miei ci vedi solo i suoi. Perchè sono i suoi che cerchi.

Come donna. Rammenderò pensieri. Fatti di fiori di ciliegio e brandelli di pelle sconosciuta. Di nuvole e odore di fieno. Scorsi da lacrime di inchiostro. Pregne e dense. Come graffiti antichi. Come marchio. Su un ventre tremulo. Tremulo e inerme. Accarezzerò gli strappi. E soffierò sulle ferite del tempo. E nello specchio. Come donna. Ostinatamente donna. Seguirò la sagoma dei giorni. Di sogni di plastica. Di tulle. E ceralacca. E quella ombra la intreccerò a sillabe e foglie di acanto. La poggerò sul mio cuore scalzo. Premendo più forte che posso. Fino a farlo aderire. Quasi oltre ogni respiro.

E in quello specchio fui.



E' quello il confine tra oggi e domani.



Tra un istante e quello successivo.



Il riflesso è già inconsapevolmente passato. L'immagine è impregnata da ciò che già non è più. E come donna. Adesso. Sì adesso. Chiudo gli occhi. E sento l'aria solleticarmi le palpebre. E le mie mani di cera prendere nuova forma. Come sigillo del divenire.




Perchè?

Non so spiegare quello che provo.

Riempio l'aria di parole.

E lo rivesto di inutili orpelli.

Sapessi scardinarmi il cuore da questa inutile carne lo farei.

Ma non so farlo.

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