martedì 3 febbraio 2009

Sapeva di vero il primo bacio. Tutto troppo vero. Oltre le favole. Nessuna campana a segnare l'incanto. Due lingue che si intrecciavano. Maldestre. E timide. Quella fu la prima volta in cui l'intimità tappezzò la mente. Senso di confusione. E di errore. Le dita e morsi di dita tra le ossa. E gli occhi chiusi. Con la voglia di spiarsi. Dicevano che se li avesse tenuti chiusi avrei capito se gli piacevo davvero. Preferii non saperlo. Fu la prima di tante volte. Io non volevo sapere. E anche se sapevo fingevo di non sapere. E l'intimità si arrotolò al senso di indegnità. E di inferiorità. Come se la luce splendesse altrove. E oltre quell'istante, il mondo fosse alla fine. Al suo confine indotto. Vivevo obliqua. Con il vento per amico. E le sue canzoni. E la sua voce. E la paura di sfidare occhi. Ho dovuto fingere di essere dritta. Anche adesso. Ma quando sono sicura che nessuno mi veda piego la testa e torno nel vento. Nei capelli e nel cuore. E tra le dita. E' così che si è liberi. Sentendosi fino in fondo. Scoprendo anfratti dimenticati. E ciò che appare agli altri è solo mera scia. Di una mente nata obliqua. Forse l'ombra di un'ombra. Sono una donna albero. Abbiamo un cuore che vaga con le sue radici. Di sangue e terra. E senza forza di gravità. E a volta si incastra nell'ombelico. Altre nel lobo. E ci sentiamo batterci contro e dentro. Ancora tra i seni. Come se fossimo la madre del mondo. E poi nel ventre. Cuore di luna e di rugiada. E le sue radici si intrecciano. E a volte soffocano.
E poi è più semplice camuffare la menzogna che la verità.
Ma nessuno se ne accorge.
La verità camuffata cessa di essere verità.
La menzogna camuffata resta sempre e comunque menzogna.
E' che il cielo è un immenso velo ricamato di stelle.
In cui la luna gioca a nascondersi.
Anche se c'è.

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