martedì 3 febbraio 2009

Apparentemente distratta.
Distolgo lo sguardo. Lo riavvolgo lentamente al rocchetto della indifferenza. Acqua densa e calda. Quasi molliccia. Ne raccolto le gocce e le scuoto nell'aria ritrosa. Affinché scompaiano. Prima possibile. Ma l'immagine mi accompagna. Mi segue. Come ombra della mente. Fantasma di carne e anima. Si cuce ai sensi e li sdraia sotto le mie palpebre ladre. Mi immergo nei dettagli. E' luce. Strana ed improvvisa luce. Crudele come lama nel buio. Disegna. E mi perdo. Navigo nell'immobilità. Sperdendo le tracce. Come in un labirinto. E i dettagli riaffiorano come ninfee in superficie quando l'identità si è delineata. Farfalle d'acqua. Colori nuovi. E' come guardare un quadro, cogliendone le sfumature, e poi osare rimuoverle, scrostandole, sino alla tela vergine. E' nell'origine che si insinua il seme di ogni progetto. Un virgulto di idea. Guizzo di realtà. E' già l'idea. Senza esserlo. E mi ritrovo in un dedalo di vie a ritroso. Percorsi mozzati. Ricordi di futuro. Radici di un unico albero. In un bosco fitto e denso. Dove i rami si toccano e si mescolano. Cessando di essere solo sé e divenendo altro. Inevitabile aspirazione. Si protendono nell'altrui esistenza. Quanta poesia c'è in quel loro sfiorarsi. Nel toccarsi senza smettere di essere separati. Senza ammettere di essere diversi. Un siglare l'identità. Quanta è la rugiada in ogni alba. Il mondo è attraversato da litri incontinenti di albe e di rugiada. Abbiamo paura di riscoprire la dolcezza e lasciarla intravedere. Perchè è questo che ci rende davvero nudi.

Ed indifesi.
Tanto da sembrare trasparenti.
Anime trasparenti come ghiaccio
bollente.

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