martedì 3 febbraio 2009

Luna_tica
Cielo fermo. Cielo di marmo. Coperto da veli. E le stelle ubriache. Volteggiano. Baccanti si sciolgono in una danza. Sconosciuta e selvaggia. Tagliano il cielo a spicchi. E graffiano anche questa notte. Una come tante. E noi ci addormentiamo come se questa fosse la nostra unica notte. Ci infiliamo nel sacco dell'oblio per assentarci. E non essere o essere altro. Come se i sogni fossero un prestito di vita.
Luna di cartone. Muta. Inzuppata. Oscilla. Sperde e perde tracce di sogni. Di quelli e di altri. Sbagliati. E i naviganti non hanno più la rotta. Aspettano il vento. Di risentire il suo odore. Come zingari erranti. Sapranno che è tempo di ripartire.
Voi lo conoscete l'odore del vento?
Non ho segreti da confessare. Io spingo le mie verità dentro. Le lascio impregnare del senso di me. Ossessionata dalla mia voglia di autenticità. Di dire e di non dire. Le sento sfibrarsi nel mio battito. Poche parole. E comunque sempre tante. Troppe. Ciglia e dita che si sporgono nel buio. E che urtano contro la mia scatola. Foderata di rancore. La fodero e poi strappo. E il risultato è un immenso freddo. Poche e sempre troppe e comunque inutili. Le mie parole. Il senso della inutilità mi serra i polsi. Mi lega all'antica quercia. Strofino il mio delirio alla sua corteccia. Non è pentimento ma solo desiderio di nuovo e di nuovi giorni. Lavo i suoi piedi con le mie lacrime. Senza più devozione. Non per cancellare. Ma per nutrire. E mi addormento. Sognando di essere un fiorellino in un bosco sconosciuto. E ricominciare.
Forse non conosco la comprensione. Neanche la sua sagoma. La sua più vaga idea. Non so darla nè riceverla. Mi limito a scrivere e cancellare. Incerta se lasciare tracce o toglierle tutte dalla via. Anche se fossero graffi. La fontana dei sensi è spenta. Impiccata come una ladra sleale e bugiarda. Conosceva la verità ma rubava menzogne. In cambio delle sue grazie. E la verità era in quel maledetto specchio dal quale si lasciava accarezzare. E che non osava guardare. Si ostinava a fidarsi. A scavare nel pozzo della sincerità. Mentre avrebbe dovuto solo voltarsi ed andare via. Senza più parlare. Perchè il silenzio è il grido più elequente. Muta ed eloquente. Non sarebbe stata fuga. Ma limpida aspirante dignità.
Io scrivo solo con il sangue. Quello che resta. Lo scaccio ma ritorna alla mia foce. E con il mio cuore fatto di cartone. Come quella luna di una notte qualsiasi. Rubata al tempo e alla mia vita. O forse ad altre vite. In tutto questo non c'è tristezza. Solo voglia di assoluto silenzio.

E che le stelle smettano la loro stupida e inutile danza.

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