martedì 10 febbraio 2009

Frantumo ombre ignobili

Ombre incastrate.
Non riesco a scioglierle.
Sono incastrate ai miei capelli.
E a dannate spighe di grano.
Mature.
E strette a nastri di rancore.
Solliti ed infidi come fili ostili.
Pungono la mia testa.
Ogni volta che la inclino.
Per sentire il vento.
Sbatte sui miei lobi.
Straziandoli di baci.
Ho fuso l'anima con il cuore.
E adesso gocciola.

Mi sono fatta un vestito di sabbia e di aria.
E lo indosso.
Mi fascia la carne.
E risucchia il respiro.
Mi costringe a respirare lentamente.
Come se fluttuassi in un tunnel.
Di incoscienza.
Rossa.
Dove è il mio coraggio?
Mi faccio statua.
Di aria e di sabbia.
Nella più casta delle pose.
E fingo.
Per restare.
E resto.
Senza più attendere.
Ma non lo sono.
Non sono una statua.
Il mio sangue scorre e lo grida.
Anche se a volte non vorrei.
Voglio il silenzio.
Una statua non deve la sua verità.
A nessuno.
Non deve nulla.
Può lasciarsela strisciare dentro.
E rimbombare.
Dentro i corridoi bui e stretti.
Della sua coscienza.
E percepirne ogni movimento.
E ogni pausa.
Può ascoltare ogni fruscio del suo tormento.
Anelli di una collana senza fine.
E mi attraverso.
Inutilmente.
Muta la mente e logori i passi.
E quelle orride spighe di grano.
Ancora nei miei capelli.
Incastrate al mio cranio immobile.
Inorridisco all'oblio.
E lo raccolgo.
Lo ripongo.
Come una freccia nella faretra.
Altro non posso.
Nè voglio.

Quello che voglio non lo so.

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